Il Pizzo Emet o Piz Timun

26/06/2022

Pizzo Emet (Piz Timun per gli elvetici)

Altezza: 3.211m
Lunghezza percorso: 16,64 km
Dislivello positivo: 1.466m

Bellissimo giro in mezzo a stupendi panorami che si divide sostanzialmente in due parti.
La prima dal parcheggio in zona Suretta poco dopo la diga di Montespluga (confine passo dello Spluga) fino al rifugio Bertacchi. Molto semplice, pianeggiante e adatto a famiglie.
La seconda che vi fa pagare tutto il dislivello che avevate scontato prima, ovvero dal rifugio Bertacchi alla cima (vedi qui sotto la traccia con il dislivello del percorso).

Traccia e dislivello trekking Pizzo Emet

Tralasciando la descrizione della prima parte, possiamo riassumere brevemente la seconda che sale abbastanza presto con forte pendenza e vi fa guadagnare circa 400 metri di dislivello. Si arriva quindi ad una zona pianeggiante in cui si può recuperare un po’ di fiato. Da lì si sale su rocce abbastanza stabili dove comunque è meglio non fidarsi troppo e terreno in forte pendenza molto friabile. Il consiglio è quello di tagliare verso destra aggirando il pendio seguendo i bolli rossi e gialli che di tanto in tanto si palesano davanti a voi. Terminata questa parte si arriva all’attacco della della lunga cresta che vi porta alla cima con tratti molto esposti in cui è consigliato seguire sempre quello che rimane del sentiero. Ci si troverà a fare tratti in arrampicata di 1° livello fino ad arrivare a 50 metri della vetta in cui troverete il famigerato “salto del gatto”. L’unico consiglio: NON SALTARE, ma affrontarlo in arrampicata come fatto fin qui.

Disarrampicata al rientro

Se fate il trekking in estate (almeno per quest’anno) non servono ramponi o ramponcini, ma sicuramente portatevi cappello, scaldacollo e una bella giacca wind-stop (io avevo pure i guanti!). Abbiamo preso più vento durante tutto il percorso che in barca a vela!

Buona navigazione a tutti!

Ram ON Cloud

Le fotografie del trekking

Share

I miei primi 3000!

I miei primi 3000!???? Non potrei intitolarlo in altro modo questo post!

Il Monte Vago (Al Vach) 3058 m. Un percorso bello e non difficilissimo ad esclusione dell’ultimo tratto della cresta in cui bisogna prestare molta attenzione ed essere ben lucidi! Totale 2 ore e 30 minuti ma da prendere con molta calma. Il tempo passa in fretta tra i panorami. Impossibile non fermarsi. Inoltre il sentiero arranca parecchio.

Dal confine Italo svizzero della Forcola si prende il sentiero 111. Si prosegue per prati e sassi fino al primo bivio in cui si può andare per il 111 piz Orsera o 112 lach dal Vach e al Vach.

Apro una breve parentesi sul Pizzo Orsera. Benchè il sentiero sia segnalato, nessuno si inerpica da quelle parti. Motivo? Il sentiero è degradato, praticamente tutto sfasciumi e pietre. Quindi vi darò lo stesso consiglio che ho ricevuto io: evitate di andarci. Parentesi chiusa.

Prendiamo il 112. Il sentiero è ben segnalato, sicuro tra prati e piccole pietre ma mai sdrucciolevole.

Arrivati a 2800m circa passerete una bocchetta che vi porterà alla vista del lago Vach. Il lago è di un colore turchese spettacolare. Sembra dipinto a mano. Bellissimo il panorama del gruppo del ghiacciaio del Bernina che fa da cornice al laghetto. Si può scendere al laghetto attraverso un sentiero di terra e sassi abbastanza ripido e scivoloso. Da fare con attenzione soprattutto in discesa. Il rientro verso la la cima deve essere fatto necessariamente al contrario.

Tornando al sentiero principale, proseguite tra le pietraie costeggiando la montagna. Il sentiero continua tra sassi ma sempre molto sicuro e ben segnalato. Verso i 2900 metri inizia la cresta del monte che porta in cima. Spettacolare anche qui il panorama con a sinistra la vallata con la vista di Livigno e del suo lago e a destra il lago Vach con il Bernina.

La cresta è da fare con molta attenzione. Sono tutte grandi pietre ed il sentiero è veramente da interpretare. È facile scostarsi un po’ e le pietre non sono stabili. Bisogna aiutarsi molto con le mani.

La cima ripaga degli sforzi. Panorami fantastici. A destra il Lach Vach e il ghiacciaio Bernina. Di Fronte il Paradisin con la val Nera e i due suoi laghetti. A sinistra tutta Livigno fino al lago!

Buon Trek a tutti!

Ram ON Cloud

Le fotografie del trekking

Share

La Bocheta da Tropion

Ben ritrovati! Per sciogliere un po’ il ghiaccio con le parole e con le gambe, ho scelto di condividere un bel trekking che ho fatto questa estate a Livigno con meta la Bochéta da Tropiòn (Trumpjun o Trupchun per gli elvetici). Abbiate pazienza però, è il mio primo post in tema di percorsi trekking e in fatto di gambe… Work in progress anche lì!

Si parte dal ponte Calcheira e si va per il sentiero 175. Si inizia subito con un tratto ripido ma sicuro tra i boschi. Si raggiunge una strada asfaltata fino ad un incrocio con una fontana. È il piccolo agglomerato di case che prende il nome di Camposc Tin. Si segue sempre per il sentiero 175 verso la Bocheta da Tropjon. All’inizio è un bel sentiero all’ombra attraverso prati e boschi. Successivamente il sentiero diventa più faticoso e insidioso costeggiando la montagna attraverso una zona rocciosa scoscesa da prima sulla sinistra del torrente per poi passare sul versante destro attraverso un ponte. Il sentiero continua sempre attraverso dirupi scoscesi e molti ripidi tornanti. Troverete anche un piccolo tratto con una catena.

Bisogna prestare la massima attenzione soprattutto nei punti in cui si attraversano i piccoli rigagnoli d acqua. La roccia non è stabilissima e il sentiero tende a sparire dai vostri occhi, il tutto con pendenze importanti e… Vuoti!

Si arriva al Baitel da la Sascia 2420m. Un grosso masso con un piano in cemento dove troverete il tanto desiderato cartello che vi dirà le direzioni. Prendete il sentiero di sinistra, sempre il 175, verso il confine svizzero. Io ho optato per salire dal pendio erboso, sicuramente più ripido ma con un bel panorama. Altrimenti il sentiero “ufficiale” sarebbe appena sotto la terra franata e costeggia tutto il canalone. Inoltre, dato che al rientro da la Bocheta non è possibile fare un anello, ho preferito lasciare questo sentiero leggermente più semplice e meno impegnativo per il rientro in discesa. Ma dicevamo… preso subito il manto erboso che sale ripido a sinistra del Baitel, il sentiero praticamente scompare e non ci sono segnali. Solo gli ometti di sassi vi diranno il conforto di non esservi persi. Seguiteli con fiducia.

A 2680m c’è una pre-bocchetta in cui troverete i segnali rossi e bianchi del sentiero ufficiale: siete quasi arrivati. Il panorama è fantastico. Proseguite attraverso il pendio roccioso e ripido, sicuramente molto più pericoloso in discesa che in salita ed arrivate alla Bocheta da Tropion (2782 m).

Qui il vento freddo proveniente dal versante svizzero vi scioglierà i bollenti spiriti, quindi, non fate come me, portatevi una giacca vento o comunque qualcosa di molto coprente. Da lì in poi è parco Nazionale dello Stelvio lato svizzero. Sulla vostra destra c’è una postazione di artiglieria elvetica puntata sul confine italiano (‘tacci loro!). Appena prima troverete che il sentiero prosegue in territorio elvetico. Se vi aggrada lo potete fare tutto attraverso il pendio ripido e sabbioso molto insidioso in discesa che vi porta fino a St. Moritz. Quest’ultima parte però mi è stata suggerita ma non l’ho verificata, quindi attraverso un bus si può ritornare a Livigno.

Per tornare indietro, dovete fare necessariamente il percorso al contrario prestando moltissima attenzione a tutti i punti con sassi, terra e sabbia. Dalla bocchetta, guardando verso destra vedrete il Monte Saliente e sotto, un sentiero: è il 176 che vi riporta al punto di partenza per poter fare un vero e proprio giro ad anello. Lasciate perdere! Costeggiare quel monte dentro quei dirupi è insidioso e di sicuro pericolo benché sembri a portata di gamba! Tornate quindi indietro attraverso lo stesso sentiero da cui siete arrivati. Seguite sempre i segnali rossi e bianchi. Molto consigliato l’uso di bacchette per la discesa. Io non le uso mai ma ammetto che in questa circostanza avrebbero aiutato! In linea generale non è un facile sentiero per via del terreno scivoloso, dirupi alti da costeggiare su lembi di sabbia e roccia di pochi centimetri, pendenze importanti e veramente freddo con vento dai 2600m in poi, ma sa dare soddisfazioni e ripaga con panorami mozzafiato e fauna tutta da scoprire. Per esperti.

Ciao Ciao.

Le fotografie del trekking

Share

Ritorno a GREENLAND

C’era una volta un bellissimo parco divertimenti. Il suo nome era “GREENLAND”, ma tutti i ragazzi delle mie parti lo conoscevano come “Città Satellite”. Il parco era nel mezzo del verde tra i territori di Limbiate e Cesate, nel profondo nord milanese che ha già un piede in Brianza. Ricordo che l’entrata era libera e tante famiglie e tanti ragazzi lo raggiungevano per trascorrere una domenica in compagnia, camminando nel verde e intorno al laghetto che era proprio nel suo centro. Ricordo si poteva pescare in quel laghetto e ricordo il ristorante sull’isolotto in mezzo. Poi ricordo le giostre. Ce n’erano di ogni tipo: gli autoscontri, il brucomela, le montagne russe ma anche le più semplici altalene e scivoli. Ricordo il trenino che attraversava tutto il parco. Ricordo, la pista go-kart, i mini kart e persino una bellissima pista per automodelli radiocomandati. Quelli seri, con il motore a scoppio che emanavano il vero odore di benzina, “non quelle brutte elettriche” come sottolineavo tutte le volte a mio padre 🙂

Dal 23 settembre 2009, così ci ha informato il custode (ma l’esattezza della data poco importa), tutta l’area è chiusa al pubblico. L’accesso è vietato. Tutto è stato abbandonato. Ma ieri, dopo 15 anni dall’ultima volta che vi misi piede, ho riavuto la possibilità di accedervi. A dirla tutta era già da un po’ che mi domandavo che fine avesse fatto Città Satellite; così quando la mia amica mi ha informato dell’esistenza di un’associazione che organizzava l’entrata, ne ho subito richiesto il permesso.

Adoro fare scatti fotografici in luoghi dimenticati. In quei luoghi desolati e desolanti, mi piace rivedere i modi che ha la natura di riprendersi quanto le è stato tolto. E’ come se percepissi una sorta di rinascita dalla morte. Ma quando i luoghi abbandonati che visito, sono luoghi che “IO” ho vissuto in prima persona, tutto prende un altro sapore. Tutto diventa personale. Ho avuto la sensazione che oltre ad avere abbandonato gli edifici e le attrazioni di quel fantastico mondo artificiale, qualcuno avesse abbandonato anche la mia fanciullezza alla polvere, alla ruggine, al degrado non meritato. Rivivere quei ricordi è stata un’emozione molto forte e un piacere altrettanto indimenticabile.

Andando oltre l’esternazione di questo mio “dramma interiore” 🙂 , è doveroso ringraziare l’associazione “I luoghi dell’abbandono” che sta dando la possibilità a chiunque lo voglia, di poterci accedere nuovamente. Pensate, il deus ex machina dell’associazione è un ragazzo di Vicenza con la passione smisurata per la fotografia grime. Quando gli ho parlato, la prima riflessione istintiva è stata “Ma pensa te! Uno di Vicenza che viene dalle mie parti a farmi rivedere Città Satellite! Assurdo! E meno male che gli sia venuto in mente!”. Insomma, magari ci avrà anche pensato qualcun’altro, però se non ci fosse stato lui (e la sua associazione) a sbattersi per contattare i proprietari, richiedere tutti i permessi necessari (…conosciamo tutti la burocrazia italiana!) ed organizzare tutto il resto, nessuno avrebbe ora la possibilità di rientrarci e quel luogo non sarebbe solo abbandonato, ma sarebbe anche morto. Grazie a lui… perché se penso che a nessuno delle mie parti (comuni, enti, associazioni, privati, ecc…) gli sia venuto in mente o abbia mai fatto nulla di concreto per poterci almeno rimettere piede… bhè… lì si che mi viene lo sconforto!

Sichè, questo, dopo il post di presentazione del sito, è il mio primo vero articolo! L’esplorazione della vecchia “Città Satellite” (io proprio non ce la faccio a chiamarla GREENLAND!). Abbiate pietà per le mie foto. Sono fatte tutte con uno smartphone Huawey P8 Lite e soprattutto, io NON sono un fotografo (… ma questo lo si capisce facilmente dalle foto stesse!).

Se invece vi è venuta la curiosità di visitare (ma per tanti come me si tratta di “rivisitare”) quel luogo verde, potete contattare “I luoghi dell’abbandono”. Fatelo tranquillamente. Sono ragazzi disponibili e che ci mettono l’anima, ma soprattutto, al contrario dei soliti hater su Facebook, sono ONESTI e motivati da tanta passione per la fotografia grime e abandoned e la possibilità che danno di non perdere per sempre certi posti è un fattore unico e senza prezzo.

Purtroppo non ricordo nè il nome del ragazzo di Vicenza e nemmeno quello della ragazza che lo accompagnava. Chiedo loro scusa anticipatamente, ma non li dimenticherò di certo. A loro rivolgo un saluto e un caldo ringraziamento. Mentre a Voi una buona esplorazione attraverso la gallery.

Ciao

RamON Cloud

La sessione Fotografica GREENLAND – Città Satellite

Contatti:

“I luoghi dell’abbandono”

http://www.iluoghidellabbandono.com/

Share

Benvenuto Ram sulle nuvole!

Presentazione www.ramon.cloud

Oggi, 8 marzo 2017, è on-line il mio sito web!

Ancora tutto under construction! Non è un blog, non è un portale, non è una raccolta di nulla se non pezzi di me stesso. Tutto da fare e rivedere. L’importante è che sia on-line… e se sono rose…

Non fate battute, simpaticoni! 😉

Ram ON Cloud

Share